Se ricordate bene, nel post di presentazione di Eataly Birreria avevamo anche annunciato il nome di colui che rivestirà il ruolo di head brewer. Trattasi di Brooks Caretta, già collaboratore in passato per noi, che oggi si è sistemato a New York City per guidare la produzione del fantastico progetto del birrificio situato sul rooftop del grattacielo di Eataly. Proprio a lui abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di questa nuova ed entusiasmante avventura. Ecco il suo resoconto, che ci permette di calarci completamente in questa insolita realtà.
Sembra ieri e invece sono già tre mesi che mi trovo negli Stati Uniti per collaborare con Eataly Birreria, creatura che vede la partecipazione Birra del Borgo, Baladin e l’americana Dogfish Head. La prima cosa che mi viene sempre da pensare su questo progetto è che i tre birrifici hanno creato qualcosa di unico: piuttosto che realizzare una birra collaborativa – pratica abbastanza diffusa nel mondo birrario – hanno dato vita a quello che credo sia il primo birrificio collaborativo in assoluto. Ecco perché la ritengo un’idea straordinaria, con possibilità creative immense.
L’attesa per l’apertura – ho scoperto che l’Italia non è l’unico paese in cui la burocrazia è spesso invadente – è stata ricompensata dalla fila di persone che si estendeva per circa mezzo isolato fuori dall’ingresso di Eataly il giorno dell’apertura ufficiale.
A mia sopresa buona parte degli avventori era già a conoscenza del panorama della birra artigianale italiana ed era alla ricerca di conferme e nuove scoperte. Oltre a BdB e Baladin, Eataly Birreria offre una selezione di circa 15 birrifici italiani. In aggiunta, oltre a Dogfish Head, propone un’attenta selezione di produzioni statunitensi sia alla spina che in bottiglia.
Gestire la produzione di birra in un luogo vario e “multi-tasking” come Eataly New York è molto interessante, sopratutto per la risposta dei colleghi nei vari settori di produzione, dal panettiere che produce settimanalmente il pane con le nostre trebbie, al capo pasticcere che al momento sta sperimentando vari gelati alla birra. Per non parlare degli esperti di vino che si rivelano appassionati homebrewers sempre pronti a chiedere consigli. Le birre prodotte sul rooftop verranno tutte servite in cask, cosa intrigante da offrire ad un pubblico attento, che offre l’opportunità di interagire e approfondire la cultura birraria dei nostri clienti.
Da un punto di vista pratico ho attuato una piccola rivoluzione personale: tutto ciò che faccio in birrificio lo calcolo col sistema metrico decimale, uno schiaffo all’incomprensibile sistema di misura che si usa a queste latitudini… misurare la cotta in galloni non fa per me 🙂 .
L’unica nota dolente sono le operazioni di stoccaggio e movimentazione degli ingredienti, sopratutto del malto, che sono un po’ complicate visti i 15 piani di distanza tra la sala cotte ed il magazzino!
Ma tutta la fatica viene ripagata a fine giornata, nel momento di versarmi la meritata birra, mi sembra di poter toccare con mano l’Empire State Building e ho l’occasione di parlare col cliente di turno di Italia, come paese di riferimento per la birra.